Meteorismi, ovvero star che, come peti, si dissolvono nell’etere
Meteorismi: una rubrica di stampo informativo con lo scopo di farvi esclamare, in ogni finale di puntata, “Vedi, c’è chi sta peggio”. Una pompata all’ego e alla curiosità, attraverso l’analisi delle fini più o meno decorose di quegli artisti definibili oneshot. Si inizi dunque, al grido di: Never ending merda.
Ultra
Dati statistici random:
– se cercate su YouTube “Ultra” solo al 10° risultato troverete qualcosa che ha a che fare con la boyband inglese;
– sono l’unico gruppo che ha cambiato nome un numero maggiore di volte rispetto a quello dei dischi prodotti;
– c’è un fan club italiano a loro dedicato, che ancora è in funzione;
– all’attivo hanno 5 singoli tra il ’98 e il ’99, più un sesto, ed ultimo, di cui non è ben chiara la data di uscita MA che si intitola “The time is over”.
Questa infarinatura generale – e azzarderei abbastanza ininfluente visto quello che sto per rivelare – aveva come unico scopo quello di introdurre il fatto che tutti noi li ricordiamo per una sola cosa: il video in cui fanno gli skipper su una barca a vela, con la camicia aperta e il vento che gli accarezza quei fisici poco prestanti.
“Say it once” è uscito nel ’98 e nel Bel Paese è stato -incredibilmente- al numero uno della classifica dei singoli di quell’estate così infelice per la storia della musica.
Per capire come questo sia stato possibile è necessario contestualizzare il tutto.
Il ’98 era infatti l’anno in cui andava di brutto Dawson’s Creek, e gli Ultra con questo singolo hanno azzeccato tutto: dal mood del video a quello musicale; aggiungiamo che chi faceva parte della scena, nello stesso periodo, era gente come Alexia, Ricky Martin, Los Umbrellos e Dj Dado. In mezzo a questo troiaio, è quindi abbastanza plausibile e concepibile il motivo per cui un pezzo come “Say it once” fosse primo in classifica.
Che poi, diciamocelo chiaramente, non è neanche così malaccio e l’abbiamo cantata tutti.
Ma questo è stato solo l’apice della loro repentina carriera (1998-2001) che possiamo ripercorrere in meno di 500 battute:
inizialmente erano un duo composto da James Hearn e Michael Harwood (rispettivamente quello con i capelli di cernit a caschetto e la controfigura di scimmia ne ”L’alba del pianeta delle scimmie”) a cui negli anni ’90 si aggiunsero poi Jon O’Mahony e più tardi Nick Keynes. Sfornano varie demo finché vengono notati e prodotti da un ex Tears For Fears, partoriscono dei singoli e dopo il secondo album nel 2001 smettono di esistere perché, banalmente, non battevano più cassa.
Sono passati undici -11- anni e il pensiero di cosa ne è stato del loro charming talent non mi fa dormire la notte. Ho passato sere ad immaginarli in scadenti carriere da porno attori gay passivi e frustrati, o addetti al Mc Drive di Leeds, nel più fortunato dei casi la mia fantasia li ha visti istruttori di vela allo Yacht Club della Manica.
Per fortuna internet ha quasi tutte le risposte più importanti della mia vita e ovviamente anche questa.
Così ho scoperto che:
James caschetto-di-cernit ha insistito nel campo musicale con risultati del tutto en passant, così si è buttato sulla carriera scolastica, si è laureato e fa il perito. Bravo.
La sua passione per la musica però lo spinge ancora ad avere un MySpace (sì, lo giuro) da cui potete ascoltare qualcosa di “nuovo”*. Fatto molto importante: per un buon periodo ha avuto un atteggiamento molto snob nei confronti degli Ultra, prendendo le distanze dagli stessi; non aveva capito che la band è l’unico motivo per cui ha perso la verginità prima dei 30 anni. Non bravo.
*MySpace e nuovo nella stessa frase possono creare dei paradossi temporali.
Jon, Michael e Nick non si sono mai arresi.
Hanno formato una nuova band, i Ryder; per farvi un’idea di com’è andata questa nuova avventura vi dirò che è durata meno del precedente gruppo e ha avuto ¼ del successo.
Ma niente da fare: la musica vince su tutto, quindi i nostri caparbi eroi hanno aperto una loro etichetta discografica e finalmente sono riusciti a fare delle cose che non abbassassero il q.i di chi le ascolta. Anzi pare abbiano un discreto successo. Bravi.
Mi piace pensare che James di tanto in tanto vada a bussare alla porta degli ex compagni elemosinando una reunion o un’apparizione alla versione british del Festivalbar. Non credo, purtroppo, succederà mai.
Caro James: chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che perde ma non sa che merda trova.
Qui sotto gli Ultra se la spassano di brutto
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